Con la recente sentenza n. 14343 depositata l’11 aprile 2025, la Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, è tornata ad esprimersi su questioni centrali in tema di responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D.lgs. 231/2001.
La pronuncia in commento offre importanti chiarimenti interpretativi in merito alla responsabilità della persona giuridica in relazione alla posizione dell’imputato e al contesto dei gruppi societari, nonché alla rilevanza della prescrizione del reato presupposto.
Nella vicenda in esame, il direttore tecnico di una società operante nel settore del dragaggio era imputato per i reati di inadempimento di contratti di pubbliche forniture, ex art. 355 c.p., e di truffa aggravata, ex art. 640, comma 2, n. 1 c.p. (quale reato presupposto), per aver fornito materiali non conformi alle specifiche tecniche previste nel capitolato d’appalto relativo alla costruzione di un porto. Entrambe le fattispecie erano già state dichiarate prescritte dal giudice di primo grado, ma la società veniva dichiarata responsabile ai sensi dell’art. 24 del D.lgs. 231/2001 in quanto i reati erano stati ritenuti commessi nel suo interesse o vantaggio. La società faceva parte di un’associazione temporanea di imprese (ATI) con altre due aziende (non coinvolte nel processo) e di una società consortile incaricata dell’esecuzione dei lavori.
La Corte ha ritenuto infondata l’impugnazione dell’imputato, poiché il materiale probatorio non consentiva una pronuncia assolutoria, mentre ha accolto il ricorso della società, fornendo spunti interpretativi significativi.
Nel dettaglio, la Suprema Corte ha ribadito che, sebbene l’estinzione del reato presupposto per intervenuta prescrizione non determini automaticamente il venir meno dell’illecito amministrativo a carico dell’ente, la sua responsabilità deve comunque essere accertata nel rispetto delle garanzie processuali e secondo gli stessi criteri di accertamento probatorio previsti per l’imputato. Il giudice è tenuto ad applicare anche all’ente il principio sancito dall’art. 533 c.p.p. e dichiararne la responsabilità solo in presenza di una prova che superi la soglia dell’“oltre ogni ragionevole dubbio”.
Come ricorda la Cassazione, l’art. 8 del D.lgs. 231/2001 consente di procedere nei confronti della persona giuridica anche quando il reato presupposto risulti estinto per cause diverse dall’assoluzione nel merito (come per la prescrizione), ma tale norma non legittima la condanna dell’ente in assenza di una piena ricostruzione del fatto storico e di una verifica approfondita circa la sussistenza del reato originario, il cui accertamento deve essere fondato su prove solide e non su presunzioni o ricostruzioni parziali
In sostanza, l’autonomia dell’illecito dell’ente rispetto al reato della persona fisica non potrà mai tradursi in una semplificazione degli standard probatori o in una riduzione del livello di tutela processuale.
Quanto al decorso della prescrizione, la Cassazione ha richiamato l’orientamento secondo cui il termine di prescrizione dell’illecito amministrativo (pari a cinque anni dalla data di consumazione del reato) rimane sospeso una volta esercitata l’azione e fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il procedimento nei confronti della persona giuridica.
La Cassazione ha altresì censurato la valutazione della Corte di Appello che aveva ritenuto il reato commesso “nel precipuo interesse” della società al fine di ottenere un profitto ingiusto in quanto, trattandosi di società che partecipava ad un raggruppamento temporaneo di imprese, non sarebbe stato verificato in concreto il ruolo della società imputata, il vantaggio realmente conseguito, né il legame tra la persona fisica autrice del reato e la medesima.
Sul punto, si legge nella sentenza, “qualora il reato presupposto sia stato commesso nell’ambito dell’attività di una società facente parte di un gruppo o di una aggregazione di imprese, la responsabilità può estendersi alle società collegate solo a condizione che all’interesse o vantaggio di una società si accompagni anche quello concorrente di altra società e la persona fisica autrice del reato presupposto sia in possesso della qualifica soggettiva necessaria, ai sensi dell’art. 5 d. lgs. 231/2001, ai fini della comune imputazione dell’illecito amministrativo da reato”.
Pertanto, non vi sono presunzioni di coincidenza dell’interesse di gruppo con quello delle singole società, dovendosi verificare in concreto la sussistenza di un interesse o di un vantaggio a favore di ciascuna di esse.