La restituzione ai soci delle somme per l’aumento di capitale può integrare il reato di bancarotta fraudolenta?

I versamenti dei soci in conto di aumento futuro di capitale sono vincolati e la loro restituzione potrebbe configurare il reato di bancarotta fraudolenta qualora tale operazione, nel caso di insolvenza della società, intervenga in assenza di un termine per l’esecuzione dell’aumento di capitale e senza la certezza del suo mancato realizzo.

Così ha stabilito la Corte di Cassazione, sezione quinta penale, con la recente sentenza n. 41536 dell’11 novembre 2024, esprimendo un interessante principio in tema di bancarotta fraudolenta.  

Nel caso in esame, l’amministratore unico di una società è stato ritenuto responsabile del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per aver restituito ai soci, in una fase di elevato indebitamento, la somma di 34.000,00 euro che era stata versata per un futuro aumento di capitale.  

Nel ricorso per cassazione la difesa dell’imputato ha sostenuto l’irrilevanza penale di tale operazione e quindi l’insussistenza oggettiva e soggettiva della fattispecie per la quale l’amministratore era stato condannato.

La Cassazione ha ritenuto infondato il ricorso, evidenziando come la restituzione in parola abbia costituito un ingiustificato impoverimento della società. 

Tale conclusione muove dalla distinzione tra finanziamenti a titolo di mutuo e versamenti in vista del futuro aumento di capitale. Richiamando la giurisprudenza civile, la Corte ha evidenziato come quest’ultimi non abbiano la natura di un mutuo poiché non è stato definito alcun diritto al rimborso. Di conseguenza, devono essere iscritti nel passivo dello stato patrimoniale tra le riserve che l’assemblea può utilizzare a sua discrezione per coprire le perdite o per aumentare il capitale gratuitamente, imputandole a ciascun socio in base alla partecipazione al capitale.

Il conferimento del socio per un futuro aumento di capitale viene così acquisito nel patrimonio della società e quindi destinato a capitale di rischio, costituendo una garanzia per i creditori in caso di insolvenza. 

Il diritto dei soci alla restituzione delle somme devolute sorgerà solo se la delibera di aumento del capitale non verrà adottata entro il termine previsto. 

Nel caso in cui non sia stata indicata alcuna scadenza – come nella vicenda oggetto della sentenza in commento – il termine può essere determinato da un giudice appositamente interpellato o dall’assemblea soci, considerato che l’aumento di capitale rientra tra gli atti di organizzazione interni alla società poiché implica una modifica statutaria.

Alla luce di tali circostanze, la restituzione delle somme versate dai soci per il futuro aumento durante la vita della società non può essere disposta liberamente dall’amministratore. Una simile condotta rischierebbe di creare un’apparente situazione di liquidità “su cui i creditori ben possono fare, incongruamente, affidamento”. 

In definitiva, la Corte afferma che “il prelievo di somme a titolo di restituzione dei versamenti operati dai soci in conto futuro aumento di capitale che interviene in assenza di fissazione del termine entro cui deve intervenire l’aumento di capitale – senza che sia acquisita certezza in ordine al suo mancato compimento – deve, in caso di insolvenza della società, essere qualificato in termini di distrazione.

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